PISTA! Alessandria, capitale ciclistica della Belle époque. 1867-1915. Prefazione di Stefano Pivato. Touring Club Italiano, 2020 | € 24,90

Con la prefazione dello studioso Stefano Pivato e un saluto di Giovanni Malagò, presidente del CONI, muovendo da un’ampia ricerca archivistica e iconografica, l’autore ricostruisce la stagione pionieristica della bicicletta sportiva in Italia, dagli anni Sessanta del XIX secolo alla vigilia della Grande Guerra, ad Alessandria e non solo, indagando la formazione dell’associazionismo sportivo e l’evoluzione del fenomeno ciclistico da eccentrica curiosità a epopea agonistica, seguendolo nei velodromi e lungo le strade che ne hanno sancito la leggenda popolare.

Roberto Livraghi, direttore del Museo Alessandria Città della Bicicletta, studioso della storia della città e del territorio, manager culturale, con questo suo libro ci guida tra le pieghe di una storia inaudita e appassionante, in cui le fonti archivistiche si fanno voci narranti di un intrigante racconto, orchestrato alla perfezione dall’autore, che ci parla di un passato più prossimo che remoto, alle radici di una storia ancora tutta da scoprire ma tutta da vivere.

Talvolta la storia riesce a far nascere cambiamenti epocali da scelte individuali e del tutto casuali. Se Carlo Michel, giovane e intraprendente birraio di Alessandria, non fosse andato all’esposizione universale di Parigi, in quell’estate del 1867, la storia della bicicletta in Italia avrebbe potuto avere uno svolgimento completamente diverso.

E invece Michel andò a Parigi, acquistò un mezzo di trasporto rivoluzionario, destinato a cambiare radicalmente il concetto di mobilità, e portò ad Alessandria… un velocipede. Fu così che la città piemontese, dapprima divertita, poi incuriosita, infine catturata dal velocipede di Michel, divenne a fine Ottocento la culla del ciclismo italiano, il polo attorno al quale si aggregarono gli atleti più forti di quello sport appena nato (come non citare Gerbi, Cuniolo e Girardengo?) e la sede delle prime associazioni di appassionati, a cui presto si contrapposero, secondo lo stile nazionale, altre associazioni, altre filosofie e a breve altre città.

Infatti, a chi vedeva nel ciclismo uno sport competitivo si unì, ma più spesso si si contrappose, chi vi scorgeva il mezzo per andare alla scoperta del mondo e incontro al futuro, e in questo il Touring Club Italiano fu capostipite e maestro.

Quelle idee che dapprima vivevano nelle discussioni tra appassionati approdarono rapidamente alle pagine dei giornali sportivi che proprio allora iniziavano a vedere la luce tra il Piemonte e la Lombardia: dall’unione di due di questi fogli nasceva a Milano “la Gazzetta dello sport”, iniziavano le competizioni internazionali, le corse a tappe, la stessa Gazzetta si fece promotrice del Giro d’Italia e nel volgere di pochi decenni il ciclismo, e il suo mondo, arrivarono ad assumere quell’aspetto che, adattato ai tempi, conosciamo ancora oggi.