Una triste notizia ha colpito il mondo del giornalismo sportivo, quella della scomparsa di Claudio Ferretti, 77 anni, voce indimenticabile dello sport, giornalista fine e intelligente, dai modi gentili e dalla profonda conoscenza del movimento sportivo.

Claudio Ferretti non era solo del calcio, non era solo di Tutto il calcio minuto per minuto in compagnia di altri due grandi radiocronisti come Sandro Ciotti ed Enrico Ameri. Claudio Ferretti aveva seguito con passione molto altro: pugilato, atletica e anche ciclismo.

Vestì la tuta da inviato a più riprese e il mondo del ciclismo lo ricorda con particolare affetto anche perché era… figlio d’arte. Proprio così, con  una storia in più, ogni volta da raccontare e spiegare con il suo garbo:  poiché a suo padre, Mario, è legata La Frase che riassume una delle più grandi imprese della storia del ciclismo forse dello sport. Mario Ferretti, il 10 giugno del 1949, per aprire con la sua radiocronaca della tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia, pronunciò queste parole che tutti noi abbiamo cucite sul cuore: C’è un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco celeste, il suo nome è Fausto Coppi. 

Ora al comando c’è più di un uomo. Che ricordiamo con la sua voce.

E dopo la voce ecco le parole di Gian Paolo Ormezzano che ce lo ha ricordato così bene quando è venuto a trovarci a Palazzo Monferrato pochi mesi fa e ha scritto e usato proprio queste parole:

Io  giornalista torinese sono nato al mestiere vero in quel di Tortona, strillando articoli e titoli con il reportage su Fausto Coppi che moriva, sono cresciuto di testa e di cuore e anche di pancia a Novi Ligure città di amici miei come Marina Coppi vignaiola astemia, come Claudio Ferretti godereccio collega figlio di Mario quello dell’uomo solo,  nonché sede di un museo del ciclismo su cui ho fatto un intervento di chirurgia etica più che estetica, virandolo dai Campionissimi al Campionissimo. Nel calcio ho amato, credo un po’ riamato, Gianni Rivera, e mio padre mi diceva che Valentino Mazzola era un bel misto di Adolfo Baloncieri e Giovanni Ferrari.

 Un museo della bicicletta ad Alessandria per me è un atto “dovuto a” e “dovuto da” una città capoluogo di una provincia che ha probabilmente la più alta densità di grandi campioni dello sport al mondo.  Però attenzione: la parola museo evoca anticaglie e tarli e mummie se vissuta staticamente, in contemplazione sospirosa. In realtà la bicicletta sta cambiando, sta diventando ”altra” in varie forme, è pervasa da scosse elettriche e innervata da metalli lunari, rispetta ed esalta la profezia di Fiorenzo Magni che da concessionario Lancia diceva: “Regalo una bici a chi mi compra un’auto, ma presto si regalerà un’auto a chi comprerà una bici”.

 Temo i visitatori nostalgici, quelli per cui tempi è il plurale sacro di tempio e non quello comune di tempo. Quelli che sono in crisi personale se non si ammantano di crisi collettiva, e allora sentenziano di crisi generale del ciclismo Quando invece il ciclismo è il più praticato sport al mondo, cinque continenti, dodici mesi su dodici pieni di gare al sole dei due emisferi, e specialità assortite e in continuo divenire, e gare su strade nuove, presto anche sopra e magari sotto le acque. E  tante ma tante donne in sella. E bipedi pedalatori di ogni razze  ed età, tutti sacerdoti dell’ecologia difensiva ed offensiva. Sono certo che Fausto Coppi sarebbe d’accordo con me e sono pronto anche ad una seduta medianica per conferma. GPO Ormezzano

AcdB Museo partecipa al dolore della famiglia e di tutti gli sportivi italiani per la scomparsa di Claudio.

IL CONTRIBUTO AUDIO FA PARTE DEI CONTENUTI DELL’ARCHIVIO DIGITALE DEI MUSEI ACDB E MUSEO DEL GHISALLO DI MAGREGLIO DA UN EVENTO CON DARIO CECCARELLI DI RADIO24 – LA RIPRODUZIONE DEVE ESSERE AUTORIZZATA